Lo ammetto. Questa settimana ho completamente dimenticato il pezzo e
così ho costretto ancora una volta Veronica a temporeggiare e me stessa a
sbrigare un argomento da sottoporvi per premettervi ancora una volta di
seguirmi. Mi seguite? Chissà quanti sarete o se in realtà non sarà nessuno e
sto solo costruendo castelli sulla sabbia. Qualunque sia il responso ora mi
accingo a raccontarvi una storia che è veramente bella e che il caso e la
fretta di questo moemento hanno voluto ricondurmi alla mente, magari in futuro
potrei riportare qualche cosa di più dettagliato o magari di meglio costruito
su di lui o magari no ma ora voglio solo dirvi che per me il suo nome è:
"signor Hotempodavendere". E' così che si è presentato la prima
volta. Quando un giorno accompagnai in una pausa dallo studio, mia zia, a
domandare per la riparazione di una vecchia bellissima pendola di mogano. Lui
era seduto cavalcioni su uno sgabellino tutto nero e armeggiava in un
meccanismo piuttosto complesso con due cacciavite che parevano bisturi. La
stanza era piuttosto singolare e accoglieva un sacco di orologi, di tutte le
razze: grandi, piccoli, enormi, belli, rotti... c'era una piccola radio e un
lettore di cassette che girava e rimandava indietro la voce di un narratore.
Riconobbi indistintamente che stava leggendo Pasolini e così senza che me ne
rendessi conto pronunciai "Pierpaolo", per quel mio vizio di chiamare
tutti per nome, anche i poeti e i cantori. L'uomo mi sorrise ma non disse
nulla. Una volta illustrato i guai della pendola lui annuì e con un gesto della
mano indicò di portarliela ma senza proferir parola. Pensa addirittura fosse
muto ma per pudore non dissi nulla. A quel punto mi resi conto che eravamo di
troppo, aveva bisogno di concentrazione per la sua operazione delicata e
potreste voi immaginarvi un dottore che disquisisce con altri pazienti mentre
opera? Ma la tentazione di restare era forte. Il giorno seguente ci tornai e
con ogni buona intenzione gli chiesi se qualche volta, se a lui stava bene,
avrei potuto andare lì per trascorrervi un po'
di tempo. Lui si voltò e mi disse proprio: "Io, signorina, ho tempo da
vendere!" e nella mia ignoranza chiesi se voleva essere pagato. Lui si
abbandonò a una grassa risata e mi indicò una poltroncina verde acido,
rivestita di velluto a coste. E da quel giorno la poltroncina mi è molto,
veramente molto familiare. Eccovi la storia del signor Hotempodavendere ed
spero vogliate scusare la mia maledetta capacità di non ricordare mai nulla.
Con affetto e dedizione la vostra Raffaella
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