E’ nota quale sia la tipologia del grande cuoco nel l’immaginario
collettivo: un uomo corpulento – con un ventre ampio a dimostrare una voracità
che è una sorta di segno del destino, possibilmente dei rigogliosi baffi o,
meglio ancora, una barba –, un genio del gusto intento a preparare piatti
talmente raffinati dallo sconfinare nell’assurdo, tirannico coi suoi sottoposti
e pomposamente riverente con i ricchi ospiti che si deliziano delle sue
prelibatezze, certamente fiero della sua importanza, ma in fondo consapevole
che egli non è che il primo dei servi , a sgobbare nel caldo infernale delle
cucine dove nessun personaggio davvero degno di nota metterebbe mai piede,
ovviamente francese.
Tra tutte queste
caratteristiche la nuova stella del firmamento culinario Londinese, Ollie
Dabbous, ne presenta solo due: la nazionalità e il genio. A vederlo indaffarato mentre controlla il
menù, poco prima dell’apertura del suo eponimo ristorante “Dabbous”, lo si
potrebbe scambiare per un semplice cameriere o lavapiatti. Mingherlino, con
indosso una semplice maglietta bianca sotto un grembiule a righe sottili, si
accarezza il mento su cui spunta una barbetta rossa come i capelli. Pare quasi
che cerchi di interpretare, da profano, la logica sfuggente che deve guidare
l’elenco dei piatti che gli si para davanti e che mai, in fondo, comprenderà. Nessuna
impressione, tuttavia, potrebbe essere più sbagliata. Monsieur Dabbous conosce
perfettamente l’idea che regge tutti i suoi piatti, una concezione del gusto
che ha ereditato dal suo mentore, la leggenda Raymond Blanc: semplicità e
sapori intensi e veri.
Sembra un piano facile, ed effettivamente, dinanzi alle
pietanze che volano dalla cucina ad incantare la folla di gourmand che ha
occupato quasi militarmente questo piccolo locale nel quartiere di Fitzrovia –
si mormora che sia tutto prenotato fino a settembre, sia a pranzo che a cena – si
rimane colpiti dalla linearità del cibo. Si può ben dire che Dabbous, in questo
senso, abbia davvero trovato l’uovo di Colombo. Prodotti stagionali, cucinati
con passione, tecnica e un pizzico di rischio (il dessert al cioccolato, gelato
di latte di capra e coulis di aneto è in questo senso una riuscitissima
scommessa) hanno conquistato la difficile clientela dei “foodies” anglosassoni.
E c’è già chi prevede nel breve futuro delle stelle Michelin.
Jacopo
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