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21/09/11

Dettagli di Raffaella Maiullo- Diman tristezza e noia recheran l’ore

Le attese. Quelle dolci però, non quelle interminabili delle file agli sportelli di un qualche ufficio per chiedere informazioni che nemmeno sanno darti oppure quelle dal dentista che oltre ad essere estenuanti sono soprattutto ansiogene. Quelle attese che ti scaldano il cuore, quelle a cui pensi quando magari sta andando tutto male oppure semplicemente non vanno come te le eri immaginate. Tutto si ferma, fai un grande respiro, e spunta un sorriso all’angolo della bocca che rasserena l’animo. Ma io non sono capace di spiegarvelo come Leopardi, lui, che nonostante una vita piena di tristezza e di pessimismo cosmico è riuscito a racchiudere in una poesia il senso più magico di quel sabato e che, vuoi o non vuoi, è rimasto indelebile nelle nostre menti sin dalle elementari, sin dalla prima volta che siamo stati costretti a impararla a memoria un po’ reticenti o comunque dediti ad altro. La mia dose di dolcezza l’ho sperimentata diverse volte, soprattutto quando ero bambina e non so per quale strano motivo adoravo andare al supermercato con i miei genitori, bastava che mia madre mi promettesse che mi ci avrebbe portata il giorno dopo a calmarmi da qualunque pena potesse affliggere una bambina di cinque anni. Quindi, nonostante ora quei cinque siano stati superati di gran lunga ancora mi consolo con l’idea del giorno che aspetto. La mia bella dose di felicità, la medesima della preparazione alla domenica Leopardiana l’ho sperimentata nell’ultimo mese. Sin dal giorno in cui è stata confermata la data del concerto di Caparezza. Da allora ero come in preda a un’euforia latente che si manifestava per ogni sciocchezza mi capitasse. Immaginatevi la desolazione quando scopro che i corsi all’università sarebbero iniziati il giorno dell’evento! Erano i miei primi giorni, non potevo perderli… eppure, la mia attesa doveva essere ripagata in qualche modo. Decisi che per il bene dei miei ricordi di ultimi spazzi di adolescenza sarei andata al concerto. L’attesa nell’ultima settimana era così presente che se ci fosse stato un coltello avrei potuto tagliarne un po’ per tutti e offrirvela, talmente era deliziosa. Ed ecco arrivato il giorno. Non vi dico cosa ho provato quando, ancora mezza addormentata, sentivo il diluvio che c’era fuori. Ma non potevo perdermi d’animo per questo. Prima o poi smetterà, mi sono detta (forse dovrei anche aggiungere che ho pregato, come mai nella mia futile vita per la serie di cose futili che la compongono e ho invocato anche gli spiriti del sole se può interessare). La pioggia ad un tratto si stanca e scompare per mia grande gioia. Bene. Ormai è ora, chiavi alla mano e fratello lato passeggero imbocchiamo la strada della felicità. Una volta arrivati cerchiamo di guadagnare le prime file già accuratamente occupate da ore; senza farci scoraggiare da questo iniziamo ad aspettare, ora l’attesa la tocchiamo con mano, ci sfiora, ci penetra quasi, è tutt’intorno. Ed ecco che le luci si sfumano, parte la base e non ho neppure il tempo di alzare la testa al cielo che cominciano a cadere su di noi goccioloni grossi come palline da tennis così nel giro di quindici secondi siamo zuppi da capo a piedi senza possibilità di movimenti di nessun genere, tra la folla partecipe della nostra malcapitata sorte. Una mia amica apre un ombrello e non so come ci si infilano sotto circa dieci persone. La situazione è ormai insostenibile. L’acqua è gelida e ci si spintona senza sosta. Ma non mollo, il concerto si farà, ne sono sicura! Cerchiamo in qualche modo di creare un po’ di spazio intorno a noi ma è praticamente impossibile. Per quanto fosse catastrofico il tutto non riuscivamo a smettere di ridere, in modo convulso, direi. I minuti passano e la pioggia rimane incessante. Il concerto viene annullato. Credo, anzi sono sicura che per qualche minuto il significato della parola annullato non mi è stato chiaro poiché nella follia generale continuavo a chiedere a tutti se fosse vero. Ecco l’epilogo di un sogno infranto. Ma c’è sempre una morale. Eccola: quello che ci regala il sabato, le sensazioni, le emozioni, il moto d’animo, la gioia e soprattutto quel costante immaginarsi le cose decisamente più belle di quelle che saranno è impagabile. Però poi, avrei preferito vedere anche il concerto. 

Raffaella

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