Tema della settimana piuttosto controverso. Specie poi se lo
si vuole ascrivere alla mia rubrica che di folle ha ogni cosa ma allo stesso
tempo il nome “dettagli” non consente di affrontare completamente e
decentemente l’argomento. E allora, ancora una volta mi appello al solo che mi
viene sempre in aiuto. Al solo che trova senza rispondere, soluzione ai miei
guai. Ovviamente, Fabrizio De André. So che odierebbe moltissimo, tra l’altro,
il mio modo di trattarlo come un guaritore, un essere superiore perché si
riteneva semplicemente uomo e anche della peggior specie ma purtroppo non posso
esimermi. Tuttavia, voglio sottoporvi un testo molto importante, che fa parte
di un’altra opera altrettanto importante intitolata “Non al denaro, non
all’amore né al cielo”, album del 1971. Liberamente ispirato all’opera di
Edgard Lee Masters, L’antologia di Spoon River tradotta dall’inglese dalla
meravigliosa Fernanda Pivano, uno dei motivi per il quale sono fiera di essere
donna. Buona lettura!
Un matto
e non riesci ad esprimerlo con le parole,
e la luce del giorno si divide la piazza
tra un villaggio che ride e te, lo scemo, che passa,
e neppure la notte ti lascia da solo:
gli altri sognan se stessi e tu sogni di loro
E sì, anche tu andresti a cercare
le parole sicure per farti ascoltare:
per stupire mezz'ora basta un libro di storia,
io cercai di imparare la Treccani a memoria,
e dopo maiale, Majakowsky, malfatto,
continuarono gli altri fino a leggermi matto.
E senza sapere a chi dovessi la vita
in un manicomio io l'ho restituita:
qui sulla collina dormo malvolentieri
eppure c'è luce ormai nei miei pensieri,
qui nella penombra ora invento parole
ma rimpiango una luce, la luce del sole.
Le mie ossa regalano ancora alla vita:
le regalano ancora erba fiorita.
Ma la vita è rimasta nelle voci in sordina
di chi ha perso lo scemo e lo piange in collina;
di chi ancora bisbiglia con la stessa ironia
"Una morte pietosa lo strappò alla pazzia".
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