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04/06/12

Dabbous, la semplicità della perfezione di Jacopo Martire


E’ nota quale sia la tipologia del grande cuoco nel l’immaginario collettivo: un uomo corpulento – con un ventre ampio a dimostrare una voracità che è una sorta di segno del destino, possibilmente dei rigogliosi baffi o, meglio ancora, una barba –, un genio del gusto intento a preparare piatti talmente raffinati dallo sconfinare nell’assurdo, tirannico coi suoi sottoposti e pomposamente riverente con i ricchi ospiti che si deliziano delle sue prelibatezze, certamente fiero della sua importanza, ma in fondo consapevole che egli non è che il primo dei servi , a sgobbare nel caldo infernale delle cucine dove nessun personaggio davvero degno di nota metterebbe mai piede, ovviamente francese.  
Tra tutte queste caratteristiche la nuova stella del firmamento culinario Londinese, Ollie Dabbous, ne presenta solo due: la nazionalità e il genio. A vederlo indaffarato mentre controlla il menù, poco prima dell’apertura del suo eponimo ristorante “Dabbous”, lo si potrebbe scambiare per un semplice cameriere o lavapiatti. Mingherlino, con indosso una semplice maglietta bianca sotto un grembiule a righe sottili, si accarezza il mento su cui spunta una barbetta rossa come i capelli. Pare quasi che cerchi di interpretare, da profano, la logica sfuggente che deve guidare l’elenco dei piatti che gli si para davanti e che mai, in fondo, comprenderà. Nessuna impressione, tuttavia, potrebbe essere più sbagliata. Monsieur Dabbous conosce perfettamente l’idea che regge tutti i suoi piatti, una concezione del gusto che ha ereditato dal suo mentore, la leggenda Raymond Blanc: semplicità e sapori intensi e veri. 
Sembra un piano facile, ed effettivamente, dinanzi alle pietanze che volano dalla cucina ad incantare la folla di gourmand che ha occupato quasi militarmente questo piccolo locale nel quartiere di Fitzrovia – si mormora che sia tutto prenotato fino a settembre, sia a pranzo che a cena – si rimane colpiti dalla linearità del cibo. Si può ben dire che Dabbous, in questo senso, abbia davvero trovato l’uovo di Colombo. Prodotti stagionali, cucinati con passione, tecnica e un pizzico di rischio (il dessert al cioccolato, gelato di latte di capra e coulis di aneto è in questo senso una riuscitissima scommessa) hanno conquistato la difficile clientela dei “foodies” anglosassoni. E c’è già chi prevede nel breve futuro delle stelle Michelin.



Jacopo

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