È un po’ che non dedico questo spazio a una riflessione
personale che voglia essere sempre coerente, per usare una parola semplice e
diretta, con il contesto della rubrica. Nata come lente di ingrandimento per
quello che, nelle nostre vite può risultare insignificante o trascurabile
eppure a uno sguardo più attento ci si renderebbe conto che questi dettagli
sono fondamentali per la sopravvivenza delle nostre idee. L’esempio potrei
trovarlo senza troppa fatica in una scena che ho visto dall’autobus, questa
sera, tornando a casa. C’erano tre uomini sul ciglio del marciapiede ed erano
probabilmente dei senzatetto. Uno dei tre era su una sedia a rotelle e proprio
con l’aiuto del ferro del bracciolo ha stappato una birra e l’ha offerta al suo
amico che a sua volta l’ha offerta all’altro che poi l’ha ridata al primo. Beh,
i loro sguardi, i sorrisi che si scambiavano e la naturalezza con la quale se
ne stavano l’uno accanto all’altro mi ha riempita. Non di felicità, di
compassione o altre smancerie. Non mi fa piacere che delle persone debbano
passare la notte al freddo e di certo non potevo provare pena per loro non
avendo la più pallida idea di chi fossero. Mi hanno fatto pensare alla
bellezza. A quanto possa essere semplice il bene.
Ad ogni modo, avrei voluto parlarvi di tutt’altro. Oggi ho
avuto il piacere e l’onore di partecipare a una conferenza contro la mafia e
con grande rammarico ho constatato che l’affluenza è stata veramente scarsa. Si
potevano contare non più di venti persone eppure il calore e il trasporto coi quali
i relatori si sono dedicati all’esposizione degli argomenti e al rigore con cui
hanno affrontato il tema mi ha lasciata profondamente ammirata. Voglio
approfittare del mio spazio per ringraziare quelli che parlano in pubblico con
tutte le conseguenze che comporta e soprattutto quelli che parlano ai singoli e
non alla massa. Che affrontano con fierezza una platea di cinque persone come
se fossero cinquemila. Grazie!
Raffaella
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